sabato 23 giugno 2018

solstizio d'estate

È tanto che non ti scrivo ma oggi è il primo giorno d’estate, la stagione che come me amavi di più, anche se eri nato in inverno: la stagione che avrà sempre il profumo dei tuoi pomodori, della terra che torna a dare frutto.
Volevo dirti che mi impegno ancora tanto per essere felice, per essere una persona di cui saresti stato orgoglioso. Mi hai insegnato che dopo la pioggia arriva sempre l’arcobaleno e io ce la metto tutta per alzare gli occhi al cielo e non perdermelo. 
Quante cose avrei voluto raccontarti in questi anni ma so che le più importanti le sai già. Sai che ho imparato ad amare, a dare invece che ricevere; sai che sono diventata grande e ho provato a prendermi cura della mia famiglia. Sai che non è stato semplice. 
Lo sai, perché buona parte di questa forza l’ho presa dal ricordo del tuo sguardo pulito, della tua risata dirompente. 
Non è stato facile neppure per te, c’è una vena di fragilità che scorre nel tronco della nostra famiglia ma adesso ho capito che è proprio quella a dare linfa a tutto il resto, a irradiare il sangue che ci fa andare avanti e mettere nuove foglie. 
Saremo deboli di fronte ai venti che scuotono il mondo ma insieme siamo invincibili e noi siamo sempre insieme, perché seppure il tempo e lo spazio ci allontanano non riescono mai a dividerci davvero.
Sono ancora seduta vicino a te, nel posto alla destra del tavolo che abbiamo condiviso per tanti anni: ho appoggiato i piedi scalzi sulla traversa della tua sedia e ti sto guardando mentre mangi, perché ogni volta sei l’ultimo a terminare la portata. Sono vicino a te sul tuo fiorino, carico della mia roba dopo l’ennesimo trasloco: mi stai raccontando di quando eri stato l’unico ad andare a trovare tua cugina morente in ospedale, dopo che la tubercolosi se li era portati tutti via. Sono con te nell’orto mentre raccogli l’acqua dal fosso con il secchio di plastica e mordo una fragola acerba. 
Sono accanto a te nell’obitorio dell'ospedale Versilia e ti poso un bacio sulla fronte: sei morto da dieci giorni eppure sei rimasto intatto, aspettando che ti potessimo salutare.
Sono con te davanti alla stufa a cherosene, mentre mi infili i calzini e cerchi di farmi la coda di cavallo prima di portarmi all’asilo.
Sono con te mentre piango tra le tue braccia e stringendomi forte mi dici: devi stare vicino a questo ragazzo, ti vuole bene e ha bisogno di te.
Sono con te in questo primo giorno d’estate perché ci siamo amati nonno e per noi il tempo non esiste più.

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