sabato 18 maggio 2013

Nello 0.1% dei casi

Ci sono botte che ti atterrano come mai avresti creduto. Vorresti solo tornare indietro nel tempo e prendere a calci la ragazza che sei stata, che piangeva perché non riusciva a portare avanti una storia o perché l'ennesimo editore aveva rifiutato il suo romanzo.
Ci sono colpi che ti disintegrano, perché sono diretti contro le persone che ami. E tu devi reggere la botta anche per loro; è un dolore doppio, un peso che non vorresti augurare a nessuno e invece lo auguri eccome, potresti presentare una lista infinita ai maledetti dèi: ecco sono loro, la prossima volta l'indirizzo è questo, grazie. E sfasci le auto, urli e picchi la testa contro la testiera del letto, ma niente ha senso, nemmeno l'angoscia, neppure la rabbia.
Ci sono colpi da cui sai che ti rialzerai cambiata ma non hai tempo per dolertene, perché devi continuare a respirare e respirare non è semplice per niente, in certi giorni.
Questa non è la pena che capita a tutti, non è il fardello più o meno pesante con cui molti imparano a convivere: è quello 0,1% che continua a capitarti, ancora e ancora, da qui all'eternità, la grazia e la maledizione dell'eccezione da portare.
Ci sono giorni in cui mettere una parola dietro l'altra sembra sacrilego. Eppure le butti fuori per non lasciarle a marcire, le vomiti per non fartene sopraffare: le scrivi, perché questo è quello che sei, l'unica cosa che sei riuscita a diventare.
E il poco di buono che è arrivato in questi giorni, l'unica fonte di ossigeno su marte, è venuto solo da quelle parole gettate in giro per il mondo, da quella scrittura che ti ha dato tante preoccupazioni quante gioie ma che non riuscirai mai a rinnegare.
Perché questo è ciò che sei. L'unica cosa che sei riuscita a diventare.

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