l'anno dopo la fine del mondo

L'anno in cui sono entrata nei trenta sono stata più coraggiosa di quel che mi aspettavo. Ho smesso di lottare con i demoni di sempre e li ho presi alla sprovvista, ho aggirato la montagna per scoprire quanto sia più semplice la vita dall'altra parte.
L'anno in cui sono diventata ufficialmente adulta mi sono circondata di bellezza, perché fosse l'ultima cosa che vedevo quando chiudevo gli occhi la sera.

Dell'anno in cui il mondo non è finito mi resterà il ruggito smisurato dell'oceano contro le scogliere di Cabo de Roca, il coro dei fadisti dell'Alfama che mi augura buon compleanno, le praterie di anemoni sotto le acque di Ustica. 

Voglio portare con me tutte le mie nuove letture, dai mondi smisurati di La vita istruzioni per l'uso di Perec e di 2666 di Bolaño, a quel manuale di sopravvivenza per giovani scrittori che è Come diventare se stessi, di Lipsky e Foster Wallace.
Voglio traghettare nel nuovo anno l'imperdonabile ritardo con cui ho divorato Dialoghi con Leucò e la voglia di rileggermi tutto il Cesare Pavese dei mie vent'anni, lo stupore del labirinto celato in Rosso Floyd e la tentazione di comprarmi tutta la bibliografia di Michele Mari.
Rimarrà intatta la compassione per i personaggi di Jennifer Egan, la sensazione che ciascuno di loro stesse raccontando un po' di me stessa - il rimpianto infinito che mi ha colto leggendo Armi, acciao e malattie, quando ho capito quanto vorrei davvero potermi iscrivere di nuovo all'università.

Nel nuovo anno sbarco armata di e-reader, con una libreria in dote e un nuovo progetto a cui lavorare.
Con tanta bellezza ancora da vedere e tutti i sogni di cui siamo capaci.